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Zucchero: «Per me parla la musica, il futuro sono i concerti. Putin, che cazzo fai?

Zucchero: «Per me parla la musica, il futuro sono i concerti. Putin, che cazzo fai?

Non è uno di quelli che urlano sul palco «no war». Zucchero Sugar Fornaciari è un'altra cosa. E' diverso. Per lui (Miserere docet) «La migliore musica è il silenzio». «Non ho il fisico di Damiano dei Måneskin per urlare Fuck Putin - dice alla fine del primo dei 14 concerti all'Arena di Verona dove è approdato il suo World Wild Tour -. Ma vista la mia storia potrei cantare un Putin, che cazzo fai?». «Non mi piace essere palese. Mi piace essere capito e non capito - racconta ai giornalisti dopo due ore e mezza di show -. Non voglio fare il politico, ma sono consapevole che nel mio repertorio ci sono brani attuali». Lo show si apre sulle note Oh, doctor Jesus di Ella Fitzgerald e dalla citazione - Che la musica scateni una scintilla e arcobaleni rasserenino il mondo - di Jimmy Jimmy che scorre sullo schermo gigante a forma di sole, sono due ore e mezza di live galvanizzante. La scaletta cambia ogni sera. Il blusman italiano, 66 anni, suona e canta 30 brani tra i 50 scelti dagli album più recenti, D.O.C., Discover, e da quelli storici (e con milioni di copie vendute), Blue's, Oro Incenso & birra, Miserere. Il presente c'è. Scorrono le immagini di bombardamenti su Madre dolcissima (1990), che evoca la guerra in Ucraina tant'è che al posto di albanesi spunta la parola ucraini (sotto lo speech di Bush e i titoli drammatici dei Tg, chiaro riferimento alla guerra in Afghanistan). Ci sono brani raramente eseguiti dal vivo, Pene e Senza Rimorso, l'omaggio a de Andrè (Ho visto Nina volare), Miserere con il video di Pavarotti, Diavolo in me, le torce dei telefonini accesi su Dune mosse e Ci si arrende. «Per un adult contemporary come me - dice come un fiume in piena ancora carico di adrenalina - , il futuro sono i live e non i dischi. E se mai ne farò ancora, saranno dischi che se ne sbatteranno di marketing e radio». E ancora: «Sono molto preciso. Ed è vero che ai Rolling Stones ho fatto spostare la session con il produttore Don Was perché non aveva finito il lavoro con me».

 

FONTE: www.leggo.it 

 

 

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